Molti compagni di corso ai tempi dell’Università avevano sottoscritto l’abbonamento al Teatro Rossetti. Spettacoli teatrali di diversa natura che quella volta non mi avevano interessato.
Invece, l’altra sera ho varcato la soglia del teatro, ho preso posto e mi sono goduto l’interno della sala mentre aspettavo l’inizio dello spettacolo. Soffitto azzurro, con nuvole e bordature dorate. Aspetto e gioco con l’iPhone: compongo una foto con più scatti:
Si spengono le luci, silenzio. Si comincia a sentire il suono di una radio mal sintonizzata e le distorsioni prodotte dal tentativo di beccare la stazione giusta. Si riconosce qualche parola cantata alla voce di Mario Biondi.
Si aprono le quinte. Il signore seduto in poltrona ha appoggiato una rivista sul tavolino nella luce prodotta dalla lampada che ritaglia un cono nel volume buio tra le quinte. La radio si sintonizza ora su una frequenza che trasmette musica jazz ora sull’altra che trasmette musica soul. Ora si illumina il buio a sinistra ora si illumina il buio a destra. Ora compare la sessione jazz dell’orchestra ora compare la sessione soul. La stazione si sintonizza, il signore si siede e mentre la musica continua bassa riprende in mano la rivista, la apre, la sfoglia un attimo e la ripone. Si alza e viene avanti camminando su una stuoia che dai piedi della poltrona arriva alle scale che scendono in platea.
Il signore si ferma, alza la testa per riflettere. Improvvisa un passo lungo a sinistra, oltre il bordo della stuoia: si accendono le luci a sinistra, la sezione Jazz alza istantaneamente il volume e sovrasta con la musica emessa dalla radio. Un passo a destra sulla stuoia. Buio-silenzio-la radio. Pensa: “Chissà se faccio un passo a destra?” Un passo lungo a destra oltre la stuoia: si accendono le luci a destra e la sezione Suol alza istantaneamente il volume e sovrasta con la musica emessa dalla radio. Un passo a sinistra sulla stuoia. Buio-silenzio-la radio. Pensa e si passa una mano sul mento: “Mi piace!”. Con un sorriso sornione infila tre o quattro passi, uno di qua ed uno di là, e le due sezioni si alternano.
Un passo al centro: tutto il palco si illumina, inizia il concerto. Il brano si chiude, l’omino al centro del palco afferra con la mano destra il cappello che ha in testa, fa un inchino e si intuisce il sorriso dietro agli occhiali scuri il sorriso di Mario Biondi: “Buona sera, benvenuti, grazie di essere qui!”.
E via riparte la musica: musica e spettacolo. Una discesa in platea per salutare il pubblico, per omaggiare una fun che ha stentoreamente chiamato il suono e che poi è stata colta da un attacco di improvvisa timidezza.
Quasi tutto il nuovo album, molte delle canzoni di maggior successo, improvvisazioni dei solisti delle due sessioni. Giù il sipario. Due belle uscite chiamate dal battimani del pubblico.
Presentazioni delle orchestre, ringraziamenti, saluti, buio. Silenzio.
Luci in sala.
È stato un bel concerto. Chissà, forse andrò a vederlo a Fusine l’8 agosto…