Il filo conduttore: gli amici

C’è stato chi ha seguito il filo d’Arianna. Io ne ho seguito un altro: quello dell’amicizia. Avevo in cuore di fare un giretto e mi son detto “Perché no?”.

Sulla cartina di Google Maps ho messo i punti e poi li ho uniti, come dice il buon zio Steve, “connecting the dots”.

Carico la moto e si va.

Questo il giro


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che mi ha portato ad incontrare Gigi, un maestro, una persona che ho conosciuto ai corsi della Federeazione e che ho avuto il piacere di invitare ai corsi per Soccorritore della nostra Regione.
Quattro chiacchiere ed un caffè in un giardino a Vigo di Fassa, piacevoli come sempre in compagnia anche della sua signora.
Poi squilla il telefono: è ore d’andare. Il tempo è stato poco, un po’ anche per colpa mia, per la tabella dei tempi che ho messo sul foglio e per le due deviazioni fuori programma… ‘cccidenti che belle cose m’han fatto vedere però!

Vado, passo via e vedo il lago di Carezza solo dietro agli abeti, l’orologio dice che mi aspettano a Merano. Saluto con la mano Ondina, la sirena del lago e vado.

Algundo, Avelengo? No, no Avelango… ma, Algundo? Si, si, Algundo. Vado. Al telefono Roberta m’ha detto che ci possiamo incontrare lì, così poi sono comodo per continuare verso lo Stevio.
Ci incontriamo, ci sono anche Paul ed Alessia: che bene! Ci sediamo, mi alzo, chiamo Michele per dirgli che nel giro di un’ora mi muovo da lì.

Michele: “…sono allo Stelvio…”
Luca: “Ma… ma…”
Michele: “…pensavo fossi più avanti…”
Luca: “Ma… ma…”
Michele: “…mangio un panino e poi vengo in giù…”
Luca: “Ma… ma…”
Michele: “…dai ci vediamo a Spondigna.”
Luca: “Va bene. Scasami, forse non ti ho detto bene al telefono…”
Michele: “No, no, va bene, sono partito io un po’ prima.”

Facciamo una bella partita a chiacchiere con Paul e Robi, godo della loro compagnia e della vista sulla valle di Merano: una distesa morbita di verde, meli o viti?

Vado. Dopo averli salutati ed aver ottenuto da loro una mezza promessa di venire a Piancavallo. Vado e scopro che si, sono meli. Che producono mele. Che vengono raccolte in cassette per mele. Che vengono caricate su carrelli per cassette per mele. Che vengono trainati da trattori per carrelli per cassette per mele. Che vanno piano. Che non si tirano in banda per niente al mondo!

Vado ed arrivo a Spondigna. Michele mi sta aspettando al bivio. Erano due anni che non lo vedevo. Due? Forse di più. La cordialità è la stessa, come non ci fossero stati. “Come stai?”, “Beviamo qualcosa?”, “Più avanti, questo è chiuso…”.

Si va, ci si frema lungo la valle. Due coche ed un po’ di racconti. Suona il cellulare di Michele: “Siamo in valle… Ah, piove? No… Va bene, partiamo subito”. Si va.
Lungo la valle ci superano due Alfisti tedeschi. Gentili: hanno notato che avevo della polvere sul bauletto sinistro e sono passati viscini-viscini così da toglierla. Cosa dire, “Grazie” o “…’cccidenti!”?

Stelvio. Salendo la moto si ingolfa. Non va: forse la carburazione, devo parlare con Mauro appena rientro. Arriviamo al passo a non più di 4000 giri al minuto… ma tant’è. Vedo un Piccolo Tibet. Sono già arrivato alla mia prossima tappa? No, non è possibile, il mio Piccolo Tibet è a Rorà che è dopo Oga -sopra Bormio- e Lugano.

Parcheggiamo le moto in garage a Oga ed inizia a piovere. Okay, l’abbiamo giocata tutta la fortuna anti-pioggia.
Cena e poc’altro visto il tempo infame ed un dito di stanchezza. La testa è già un po’ col pensiero alla mattina dopo che arriva svelta.
Impacco il sacco-letto, metto il pigiamino da pioggia e scendiamo a Bormio per salutare Brizia. Brizia è la morosa di Michele. Un bel sorriso furbo che diventa una risata educata quando mi vede scendere dalla moto in configurazione palombaro. “Ciao, come stai? Piacere di conoscerti…”. Sono state le prime delle parole che abbiamo scambiato tutti e tre seduti davanti ad un caffè.

‘cccidenti, sono le nove! È ora che vado. Ciao Michele, ciao Brizia, quando passate per di là fatevi sentire!

Piove. A Bormio piove. Piove. A Tirano piove. Piove. A Sondrio Piove. Si, piove anche a Colico e a Menaggio. A Porlezza invece no. Due telefonate, un messaggio a ElySwiss, tolgo la tuta da pioggia e vado verso il confine dove non mi badano di pezza e vado.

Lugano. Il lago. Le sponde. Il centro abitato. I semafori che diventano arancioni anche prima del verde. È davvero tutto ordinato. Quasi. Anche le persone sono gentili e riesco a trovare la stazione dei treni senza difficoltà.
Mi siedo sulla terrazza de Il trenin, ordino un toast ed aspetto Elisa.

Arriva puntuale. Scopro poi che ha fatto un bel giro tra tram e funicolare per arrivare lì: grazie! Che bello, la incontro dopo anni. Anni? Si, dopo anni che ci siamo conosciuti in un newsgroup, che abbiamo scambiato idee via AIM, dopo qualche tempo che -per merito mio- non ci sentivamo.
Opinioni e pareri. “Sembra Trieste, con il lago al posto del mare…”, “Si, vero…”, “Ho visto che ogni tanto passi di là…” altre idee, la spada laser degli Jedi sul suo telefonino e l’intesa di un SMS alla prossima visita a Trieste per un incontro lungo la strada.

Ciao, è stato bello! Vado, dice Elisa, l’autobus destinazione “Paradiso” è alla fermata. Vado anch’io. Scendo verso il lago. Inizia a piovigginare. Il pigiamino si materializza. Via!

Insulti alla volta della viabilità Varesina. Chiusa per lavori la tangenziale, i cartelli mi hanno dirottato in centro. Un distributore IP mi indirizza, una Citroen AX al semaforo finalizza: Gravellona-Toce here I come! E per la paaaaav condiciio anche A4, Tangenziale di Torino e raccordo Pinerolo-Orbassano!

Arrivo. Rorà. Sara è già rientrata da Torino, conosco il suo compagno Alessandro e la loro figlioletta Amelia: due anni e mezzo ed un quindicina di chili di simpatia!
Mi accolgono al “Piccolo Tibet”. C’è un cilindro di preghiera portato in Italia dal precedente possessore della struttura, le bandierine delle preghiere e la simpatia degli amici.
Mi fanno vedere l’ostello che hanno in gestione, mi indicano la mia stanza e poi cominciamo i racconti delle puntate precedenti. Non vedevo nemmeno Sara da qualche anno, ce n’è da raccontare!

Il giorno dopo arrivano altri due amici, Gabriella e Bernardo. Due persone particolari con le proprie avventure da raccontare e da ascoltre. Passato il pranzo facciamo due passi fino alla cima di un colle dalla quale era possibile vedere la pianura sotto di noi: Cavour, Pinerolo, Torino… le alpi Marittime.
C’erano anche due buchi. Si, due buchi su una lastra di pietra sulla cima del colle. Alessandro ci racconta della leggenda secondo la quale i due buchi sono stati fatti per infiggere nel terreno i piedi di una scala su cui arrampicarsi per vedere le cime dei monti oltre la prima cresta. Che sia da credere alla leggenda?

Scendiamo. E poco dopo scende anche la sera. La luna è piena e dal Piccolo Tibet sembra ancora più grande. Decidiamo di andare a Pinerolo per la cena. Lungo la strada la luna si allontana.

Ripiego il sacco-letto. Faccio colazione. Carico la moto chiacchierando con i miei ospiti. Amelia corre in giro, la ricordo con i grappoli di sorbo sulle orecchie. Chiudo i bauletti. Saluto. E vado.

Si, vado, che ho cambiato i programmi e vado a salutare Vanessa e Marco a Magenta. Al mio arrivo trovo solo Vanessa, Marco è al lavoro. Ci raggiunge proprio mentre sto caricando la moto. Stava lavorando alla Ferrero, gli hanno regalato una scatola di Ferrero Rocher: buoni quelli dorati e buoni quelli bronzei! Saluto e ringrazio Vanesa per le chiacchiere durante la passeggiata per Magenta e la pizza mangiata insieme.

Vado. E sì, vado che devo andare. Casa. Spengo. Cavalletto. Due carezze e due corse con Artù.

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