Questa frase mi ha colpito nel discorso di presentazione del concerto di Marin Tingvall. Alle spalle della presentatrice il palco, le quinte verdi ed un movimento di luci ed ombre che scorrono sullo sfondo grazie all’installazione di un artista visivo.
Ed in effetti l’introduzione è ha detto bene. In particolar modo per i brani più calmi suonati dal ragazzone danese. Non si distanziano molto da brani di musica classica.
È entrato in scena, ha suonato un brano e poi si è presentato alla platea. Ha detto di essere alla sua prima esperienza in Italia e di essere agli inizi della propria esperienza da solista. È -era?- il leader del Tingvall Trio. Trio di cui ha raccontato un aneddoto.
Erano in viaggio per una performance. Nel maneggiare gli strumenti il contrabbasso va in terra e si danneggia irrimediabilmente. Il bassista dice “Okay, non c’è problema: datemi un basso elettrico”. Fanno le prove con il basso elettrico e tutto è a posto. E al momento del concerto? Salta la corrente. Tutto il pubblico con gli accendini in mano: nessun problema. E il basso elettrico?
C’è un brano che ricorda l’accaduto: Utan ström i Harare – No electricity in Harare.
Il concerto: piacevole con alcune canzoni coinvolgenti da battere i piedi in terra al ritmo del brano. Calmo in altri al punto che ho appoggiato indietro la testa sullo schienale della poltrona del Ridotto del Verdi.
Suggestivo il coinvolgimento del musicista che seguiva con movimenti sinuosi del corpo l’andare della melodia, con le braccia gli attacchi, le sospensioni e le riprese della melodia.
Mentre suona decido di andare a cercarlo sull’iTunes Store. Poi nei commiati suggerisce a chi lo desiderasse che è possibile acquistare i CD al banco della biglietteria dopo il concerto. Ne ho presi due, uno per un regalo.
Saluto, inchino, ringrazia.